Il basket universitario americano sbarca a Parigi: la nuova frontiera di uno spettacolo senza limiti?

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Il basket universitario americano mette piede a Parigi: show senza limiti… o quasi?

Dagli Stati Uniti a Parigi: la migrazione dello sport universitario

L’Europa si è già abituata ai grandi eventi americani: partite di NFL a Londra, show NBA a Parigi… Ma ora tocca anche allo sport universitario sbarcare nel vecchio continente. Lunedì 3 ottobre, infatti, due match femminili di basket tra le università di Duke e Baylor, e tra California e Vanderbilt, animeranno l’Adidas Arena di Parigi per inaugurare la stagione. Non stiamo parlando di una trasferta scolastica qualunque, ma del primo passo di uno spettacolo statunitense che, forte della sua enorme popolarità, guarda sempre più all’internazionalizzazione.

Le aspettative? Alte, anzi altissime. Perché tra il parquet dell’Adidas Arena (8.000 posti) e il Cameron Indoor Stadium di Duke (ben 9.000 posti solo per il basket universitario!), le ragazze non avranno certo il classico “timore venerabile da trasferta europea”. Soprattutto considerando che negli USA ogni partita è trasmessa in diretta nazionale su ESPN, proprio come avverrà anche a Parigi.

Numeri da capogiro: quando l’università batte i pro

Negli Stati Uniti, il basket universitario fa concorrenza – e in certi casi supera – pure lo sport professionistico. Basta guardare i numeri della scorsa stagione:

  • 18,1 milioni di spettatori per la finale maschile NCAA (più che per il “match 7” della finale NBA, seguito da 16,3 milioni).
  • 8,5 milioni per la finale femminile.
  • La vera star? Il football universitario: la finale è stata vista da 22,1 milioni di persone.

Detta così, è quasi facile capire come mai alcuni stati senza squadre NFL o NBA (come l’Alabama, dove solo i due stadi universitari di Alabama e Auburn contano 200.000 posti insieme) vivano la passione in modo totalizzante. Jeffrey M’Ba, francese all’università SMU di Dallas, racconta: “Nei posti dove non ci sono squadre professionistiche, l’identificazione con l’università è totale. E durante le rivalità, i biglietti possono arrivare anche a 500 dollari!”. E c’è di più: otto tra i più grandi stadi al mondo sono universitari americani (il paragone con lo Stade de France, “solo” 80.000 posti, fa sorridere…)

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Essere una star… prima di laurearsi: tra selfie al supermercato e merchandising milionario

La popolarità degli studenti-atleti non si limita al campo. Célia Rivière, francese in forze alla squadra femminile di basket di West Virginia, ammette: “Bisogna stare attenti a cosa si dice, a farsi fotografare anche tra le corsie del supermercato, perché l’immagine degli atleti è un vero biglietto da visita per l’università”.

Tutto questo si riflette anche in termini economici:

  • Nel 2024, la NCAA ha generato 1,38 miliardi di dollari, di cui 948 milioni solo dai diritti TV.
  • Le università si spartiscono questi guadagni a seconda della division, dei risultati e del peso della loro conferenza.
  • A tutto questo si aggiungono sponsor, merchandising, partnership con grandi brand… e una vendita dei biglietti senza precedenti.

Dal 2021 poi, gli studenti-atleti possono guadagnare davvero: tramite diritti di immagine, sponsorizzazioni, pubblicità o prodotti personalizzati. Perfino nei videogiochi: EA Sports College Football (gioco tra i più venduti negli USA) paga i giocatori di football universitario, e una versione dedicata al basket – maschile e femminile – è prevista per il 2027.

Infrastrutture da sogno e allenatori superstar: il sistema a stelle e strisce

La routine degli atleti-studenti in USA è tanto intensa quanto dorata. Le lezioni di solito sono al mattino, ma il resto? Puro fitness di livello olimpico: palestre dedicate solo alle squadre di basket, sale pesi, mense “progettate” dai nutrizionisti, centri di diagnostica a portata di mano. E chi pensa che sia un’esclusiva di atleti di squadra, si sbaglia: anche stelle individuali dell’atletica come Cyrena Samba-Mayela o il nuotatore Léon Marchand scelgono sempre più di partire oltreoceano.

Il team dietro ai giocatori ricorda una piccola impresa:

  • Per ogni coach, almeno un vice.
  • Coordinatori offensivi e difensivi, analisti video, fisioterapisti, preparatori, magazzinieri…
  • Squadre che viaggiano in jet privato ed entrano in città scortate dalla polizia (provateci voi a saltare il traffico di Dallas senza permesso!).
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Gli allenatori sono vere leggende: Kara Lawson di Duke, ad esempio, è ora coach della nazionale femminile USA e racconta come molti college coach abbiano un passato in NBA, WNBA o con la maglia a stelle e strisce. E i campionati universitari americani producono tantissimi futuri giocatori e allenatori professionisti.

Il modello USA sfida e ispira l’Europa?

Un sistema simile in Francia? Fantascienza. Emmanuel Driss, della Ligue Ile de France, è chiaro: “Non viviamo nello stesso mondo. In Francia, il basket universitario è solo un’attività extra e aperta a tutti. Negli USA, tutto ruota intorno a borse di studio e a un’idea di formazione professionale che inizia da bambini”.

Eppure, il basket europeo rimane fonte d’ispirazione. Kara Lawson lo dice senza esitazioni: “Spesso guardo all’Europa per imparare. Sviluppano i giovani in modo eccellente, soprattutto in Francia. E ora sempre più giocatori possono venire negli Stati Uniti per essere anche meglio pagati”. Questo scambio si rafforza proprio grazie alle partite parigine – e la speranza è che nuovi giovani francesi abbiano voglia di provare l’avventura negli States.

Lea Miller-Tooley, organizzatrice degli eventi di Parigi per il terzo anno di fila, è fiera del risultato: “Siamo avanti persino alla WNBA, che ha esportato solo una partita fuori dagli USA! Magari la NCAA conquisterà anche altri Paesi”. E non finisce qui: il ritorno in Europa è già in programma, con una partita di football americano NCAA a Wembley nel 2026 tra Arizona State e Kansas.

Conclusione
In fondo, che piaccia o no il modello USA, è certo che vedere il basket universitario sbarcare a Parigi è (già) storia. E magari, la prossima volta che un vostro amico vi chiede una foto perché vi ha visto giocare in una varsity league… non stupitevi: lo sport universitario, ormai, è davvero uno spettacolo senza confini.

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