Intervento del sindaco di Modena dopo che le Procure hanno escluso l’ipotesi della violenza: “Non ci basta sapere che non si tratta di uno stupro”
Intervento del sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli sulla vicenda della tredicenne soccorsa sabato sera al Novisad e per la quale, prima della smentita delle Procure di Modena e dei Minori, si è parlato di stupro sia a livello locale che nazionale.
Modena non si gira dall’altra parte.
Non ci basta sapere che non si tratta di uno stupro, come purtroppo è stato qualificato in un primo momento facendo pensare a un’aggressione. La decisa smentita delle Procure di Modena e dei Minori fa chiarezza su questo aspetto che ha tenuto in ansia la città.
Però, appunto, non ci basta sapere che non si tratta di uno stupro, perché ciò che è avvenuto l’altra sera non ci può lasciare indifferenti.
Non possiamo pensare che, non essendosi compiuto il grave e violento reato, ciò che è successo sia comunque da accettare come normalità.
Hanno fatto bene, quindi, coloro che si sono preoccupati di ciò che avveniva sulle gradinate e hanno segnalato una situazione che li ha sconcertati.
È così che agisce una comunità: ci si preoccupa degli altri, soprattutto di chi pare essere più debole.
E quella ragazzina aveva bisogno di aiuto.
Vittima più volte: dell’abuso di alcol, forse di amicizie sbagliate e, sicuramente, di sé stessa.
È vero, non è solo un problema di ordine pubblico e sicurezza urbana che si può risolvere con più forze dell’ordine, con più telecamere, con più controlli. Tutto ciò sicuramente è utile alla città e stiamo lavorando per migliorare ancora, intensificando, per esempio, i controlli su chi vende alcolici ai minori.
Ma non è solo questo lo sforzo che dobbiamo fare per tendere la mano a lei e a quei tanti ragazzi ancora impreparati alla vita, anche a coloro che pare abbiano cercato di “difenderla” da chi la stava davvero aiutando.
Perché anche loro evidentemente sono vittime di un disagio in cui rischiano di bruciare la propria giovinezza: una sbagliata concezione di amicizia, dove non ci si fa carico di chi ha bisogno; la mancanza di educazione all’affettività, senza rispetto per il proprio corpo e per quello altrui; un abuso di alcol e di sostanze, forse per colmare un vuoto che ha bisogno di maggiore attenzione dal mondo degli adulti.
Le istituzioni, la scuola, l’associazionismo, le famiglie forse non colgono sempre la richiesta di aiuto che arriva dai ragazzi, soprattutto dopo questi quasi due anni sconvolti dalla pandemia.
Abbiamo di fronte una sfida educativa da affrontare moltiplicando gli sforzi, cercando di riconoscere i segnali del disagio e proponendo opportunità per accompagnare il percorso di crescita delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Anche rafforzando la rete dei servizi sociali e sperimentando forme innovative di coinvolgimento con tutte le agenzie educative del territorio.
Gian Carlo Muzzarelli