Giornata della memoria / donate alla Fondazione Fossoli le lettere di Umberto Spizzichino

 Giornata della memoria / donate alla Fondazione Fossoli le lettere di Umberto Spizzichino

Sono state donate alla Fondazione Fossoli le lettere di Umberto Spizzichino – ebreo romano vittima della persecuzione razziale, assassinato ad Auschwitz nel 1944 – scritte dal Campo di concentramento di Fossoli (Modena).

L’erede Gemma Moroni ha deciso, insieme ai figli, di donare alla Fondazione il carteggio perché sia conservato e messo a disposizione degli studiosi.

Grande la soddisfazione della Fondazione che, in concomitanza con i cantieri di riqualificazione e conservazione del Campo, ha lanciato la campagna internazionale ‘Salva una storia’, con lo scopo di raccogliere materiale documentale come lettere, diari, documenti e missive risalenti al periodo della Seconda guerra mondiale.
Una campagna che, a partire dalla donazione del carteggio di Bruno De Benedetti, altro internato al Campo, è proseguita con molti contributi che hanno arricchito e accresciuto il patrimonio documentario e testimoniale del Centro studi e documentazione Primo Levi della Fondazione.
Umberto Spizzichino, nato a Roma il 25 maggio 1918, fu arrestato dalle SS nel gennaio 1944, a 25 anni, poi deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, ‘marchiato’ con il numero 180110 e assassinato nello stesso anno. Dopo la detenzione in via Tasso e nel carcere di Regina Coeli, la prima tappa nel viaggio della deportazione fu il Campo di concentramento di Fossoli, a Carpi, in cui furono raccolti, per poi essere inviati ai lager nazisti, molti degli ebrei catturati in Italia. Da qui Umberto scrisse diverse lettere a parenti e amici per chiedere, con molta vergogna, denaro, vestiti e cibo; nelle missive il tentativo di rassicurare tutti sulla propria salute, concludendo sempre con un abbraccio al nipote Settimio, chiamato affettuosamente “il baroncino”.
Le ultime notizie sono condensate in poche righe, scritte in fretta a matita, su un foglietto datato 5 aprile 1944: “Cara Gemma – la cognata, che non avendo origini ebraiche non rischiava l’arresto – ti scrivo nell’ora della partenza, sperando che questa mia ti pervenga. Tanti baci a tutti voi e niente paura. Umberto”. Da allora si persero le sue tracce.

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