Presentato da Aou e Unimore lo studio che misura lo sforzo respiratorio di pazienti critici

 Presentato da Aou e Unimore lo studio che misura lo sforzo respiratorio di pazienti critici

Il nuovo metodo potrebbe avere prospettive di estensione più ampie anche in pazienti non critici con utilizzo dentro e fuori l’ospedale

Misurare lo sforzo respiratorio dei pazienti con insufficienza respiratoria descrivendo la correlazione tra oscillazioni della pressione esofagea e nasale per evitare la manometria esofagea, metodo invasivo e non sempre applicabile nella pratica quotidiana. È questo l’obiettivo dello studio originale Nasal pressure swings as the measure of inspiratory effort in spontaneously breathing patients with de novo acute respiratory failure, appena pubblicato dalla rivista “Critical Care” e realizzato dalla Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena con la collaborazione clinica della S.C. di Anestesia e Rianimazione Policlinico e di UniMoRe.

“Studi come questo, dove vediamo di fatto integrata clinica e ricerca, sono segnali importanti che dimostrano come Azienda Ospedaliera ed Università alimentino il motore sempre acceso dell’innovazione della scienza portando risultati concreti”, commenta il dottor Claudio Vagnini, Direttore Generale dell’AOU di Modena.

“L’innovazione di questo studio – spiega il professor Enrico Clini, Direttore della Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’AOU di Modena e professore a UniMoRe –sta nella dimostrazione che è possibile ottenere una misura dello sforzo respiratorio (pressione nasale) attendibile e non invasiva e nel creare i presupposti per un ampio utilizzo della metodica. Si tratta di uno dei rari progetti di ricerca portato avanti da una team che riunisce diverse competenze di fisiopatologia e meccanica respiratoria e specialisti di area critica (intensiva e semintensiva). Pur nelle sue parti preliminari, quest’idea ha suscitato l’interesse di due centri di area critica, quelli di Genova e di Palermo, che sono un riferimento italiano per gli studi su sforzo respiratorio e applicazione clinica di questi strumenti di misura e monitoraggio, e che hanno contribuito a loro volta alla costruzione delle analisi fisiologiche di validazione del metodo”.

Dal 1 gennaio al 1 settembre 2021 sono stati arruolati 61 pazienti con insufficienza respiratoria acuta (l’83% circa dei quali per sindrome Covid-19) ricoverati nell’Unità di Terapia Intensiva e Semintensiva del Policlinico di Modena. I livelli di pressione nasale sono stati monitorati al momento del ricovero e 24 ore dopo l’inizio di supporti respiratori non invasivo (ventilazione non invasiva e ossigeno ad alti flussi), confrontandoli con la manometria ottenuta inserendo una apposita sonda in esofago. Lo studio ha dimostrato che, a prescindere dalle condizioni di rilevamento, le oscillazioni della pressione nasale erano direttamente e altamente correlate con quelle della pressione esofagea, di cui rappresentano quindi una misura surrogata affidabile.

Come sottolinea il dottor Roberto Tonelli, dottorando del Corso in Medicina Clinica e Sperimentale di UniMoRe e collaboratore di Malattie dell’Apparato Respiratorio nonché primo autore del lavoro, “la portata di questo studio potrebbe diventare molto più ambiziosa, consentendo al monitoraggio della pressione nasale di seguire le orme che nella pratica clinica hanno percorso altri sistemi di monitoraggio clinico-strumentale. Oltre ciò il lavoro potrebbe agevolare il medico impegnato in corsia nel capire se il paziente è a rischio di sviluppare fatica respiratoria, se sta beneficiando di interventi di cura come ossigeno o ventilazione non invasiva e se necessiterà di intubazione. In altre parole, se lo studio viene confermato dai dati, potrebbe rivoluzionare il modo di monitorare questi pazienti”.

Il progetto è stato ideato e condotto da una task force di ricerca appositamente costituita con altri membri dello staff di Malattie dell’Apparato Respiratorio (il dottor Riccardo Fantini, il dottor Luca Tabbì e la dottoressa Ivana Castaniere), in stretta collaborazione tra Azienda Ospedaliera e Ateneo e avvalendosi di consulenze cliniche e di metodologia statistica. “Il campo di applicazione è oggi ancora solo quello clinico, ma un domani lo stesso strumento potrebbe essere esteso dalla terapia intensiva all’ambulanza, alla casa del paziente”, riferisce il dottor Alessandro Marchioni, Responsabile della Struttura Semplice di Broncologia Diagnostica e Interventistica dell’AOU e professore a UniMoRe. “Lo vediamo in prospettiva come strumento di monitoraggio per il paziente critico ovvero sulla stessa scia della piccola rivoluzione scatenata dal saturimetro, che oggi ha un impiego a 360 gradi, per molti medici anche non pneumologi o intensivisti”.

Per la realizzazione dello studio è stato fondamentale il contributo della Terapia Intensiva del Policlinico del professor Massimo Girardis, Direttore della Struttura Complessa e professore a UniMore.

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