Trent’anni fa la strage di Capaci / Papaleo (Cisl): «Scendemmo a Palermo da Modena per un mondo migliore»

 Trent’anni fa la strage di Capaci / Papaleo (Cisl): «Scendemmo a Palermo da Modena per un mondo migliore»

Il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, il questore di Palermo Renato Cortese, Maria Falcone, sorella del giudice e Tina Montinari, la vedova del caposcorta del giudice, il comandante provinciale dei carabinieri Arturo Guarino e il comandante provinciale della Guardia di finanza Antonio Quintavalle hanno deposto una corona sul luogo della strage di Capaci durante le commemorazioni per ricordare il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta a palermo, 23 maggio 2020. ANSA/Ignazio Marchese

Ricorre oggi il trentesimo anniversario della strage di Capaci, mentre tra poche settimane (19 luglio) sarà ricordata quella di via D’Amelio a Palermo.

Per chi li ha vissuti, gli anni Novanta sembravano il segno del futuro e, invece, portavano con sé le propaggini del sistema mafioso che si opponeva allo Stato.

Oggi più di ieri, grazie alle condanne del processo Aemilia, per il quale noi sindacati ci siamo costituiti parte civile, abbiamo aperto gli occhi su un nuovo modo utilizzato dalla mafia per insidiare la società, anche al Nord e a casa nostra, senza tritolo, ma con intimidazioni e denari sporchi. Abbiamo piena consapevolezza di come legalità e crescita sociale debbano viaggiare unite.

Oltre alla cultura della legalità, per contrastare la mafia sono necessari buona occupazione, salari e pensioni dignitose, sviluppo economico e sociale. I sindacati, in tal senso, si impegnano nei luoghi di lavoro, in tutti i tavoli e con le associazioni per la legalità. Attenzione, però, alle nuove insidie: i fondi del Pnrrr da un lato, la situazione post-pandemica e di instabilità internazionale dall’altro, sono elementi di rischio sui quali vigilare e per i quali rivolgiamo il nostro appello alla società civile. Se non ci volteremo dall’altra parte faremo la differenza.

L’esempio, certo, è il sacrificio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca – unico magistrato donna assassinata in Italia, della scorta con Vito Schifani – vorrei ricordare ancora la struggente testimonianza il giorno delle esequie della giovanissima moglie Rosaria -, Antonio Montinaro, anch’egli giovane padre, e Rocco Dicillo. La loro memoria è divenuta anche un pezzo fondativo della nostra Italia. Un Paese che oggi come ieri è ancora chiamato a contrastare l’illegalità tanto a Palermo quando nella ricca Emilia.

Abbiamo le radici per contrastare il fenomeno mafioso che, essendo fatto da uomini, può essere sconfitto, come ricordava Falcone. L’alleato più grande, in questa lotta, è proprio il mondo del lavoro che, il 27 giugno 1992 scese a Palermo con 100 mila lavoratori, anche dalle nostre città e province, per manifestare accanto alle famiglie per i valori della legalità.

Con la conclusione del fenomeno brigatista, proprio in quegli anni, e con questa straordinaria risposta della società civile, nacque una parte migliore della nostra nazione.

Certo, i misteri e le zone d’ombra rimango molti, la mafia ha cambiato uomini e metodi, eppure siamo ancora qui a testimoniare che è possibile sconfiggere l’illegalità.

Il sacrificio dei giudici Falcone, Borsellino, delle loro famiglie e scorte è divenuto il germoglio di una nuova società che guarda al futuro portando nel cuore la speranza – che oggi batte Palermo e nelle nostre case – e tra le mani stringe un destino che vogliamo migliore, solidale, legale.

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